Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XX – 04 febbraio 2023.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

Lattanti memorizzano i volti di persone con la mascherina e li riconoscono senza mascherina. Michaela C. DeBolt & Lisa M. Oakes presso la University of California at Davis mediante uno studio di eye-tracking su 58 bambini dai 6 ai 9 mesi, hanno accertato che i piccoli formano memorie di volti parzialmente coperti dalla mascherina e sono poi in grado di riconoscere quei visi senza la mascherina. Questo dato evidenzia come il processo innato di memorizzazione dei volti utilizzi le parti naturali – in questo caso occhi e fronte – quali indici diacritici per il riconoscimento. [Michaela C. DeBolt & Lisa M. Oakes, Infancy 28 (1): 71-91, 2023].

 

Disturbi dello spettro dell’autismo (ASD): nuovo metodo per diagnosi di tipi e gruppi. Singh, Jain e Yu della Wisconsin-Madison University hanno realizzato un nuovo metodo basato sulla risonanza magnetica nucleare (MRI), che combina l’indice NODDI biologicamente sensibile, l’imaging di diffusione-MRI con l’elaborazione radiomica dell’immagine. Con questo approccio sono riusciti a caratterizzare per immagini 4 modelli di ASD geneticamente distinti nei ratti (Fmr1, Pten, Nrxn1, Disc1). L’impiego clinico della procedura promette di distinguere nella tipica eterogeneità neurobiologica sotto-tipi e gruppi anche in funzione del trattamento. [Cfr. Magnetic Resonance Imaging 96: 116-125, February, 2023].

 

L’esposizione agli schermi elettronici degli infanti altera l’EEG e alcuni parametri. Sono stati studiati 437 bambini di entrambi i sessi (227 maschi) esponendoli a 12 mesi di età a 2 ore di schermo al giorno. Sono stati raccolti dati in tre momenti: 12 mesi, 18 mesi e 9 anni. È stato condotto uno studio EEG con follow-up e sono stati studiati parametri cognitivi quali attenzione e funzioni esecutive, rapportati al rendimento scolastico. Lo studio ha rilevato alterazione funzionale corticale mediante markers EEG coerente con la durata, e ha evidenziato un possibile rischio per lo sviluppo cognitivo dall’esposizione precoce agli schermi elettronici. [Law E. C., et al. JAMA Pediatrics 5674, 30 January, 2023].

 

Malattia di Alzheimer: l’isolamento sociale accresce il rischio. Kimia Shafighi e colleghi della McGill University hanno pubblicato un nuovo studio che dimostra che alcuni stili di vita, incluso l’isolamento sociale, sono associati a fattori di rischio neurodegenerativo cerebrale. Su 502.506 persone della UK Biobank e 30.097 seguiti dal Canadian Longitudinal Study of Aging sono state eseguite le stime epidemiologiche che hanno dimostrato come la solitudine, la scarsità di interazione sociale e la mancanza di supporto personale siano associati a una probabilità molto più alta di malattia di Alzheimer. Naturalmente non si conosce il nesso causale. [Kimia Shafighi et al., PLoS ONE 18 (2): e0280471, Feb 1, 2023].

 

La funzione psicologica dei miti nei Greci antichi spiega aspetti della fisiologia psichica. Il nostro presidente ha aperto di recente un suo saggio con queste parole: “Nella Grecia arcaica, prima della nascita dell’arte del recitare in sedi architettonicamente concepite per rappresentazioni rivolte a un pubblico di spettatori, la parola theatron voleva dire spazio della mente in cui si rappresenta un fatto dello spirito. Designava dunque una dimensione puramente psichica”[1].

Il teatro mentale che si popola dei personaggi della relazione attuale del soggetto ed è attivo nell’hic et nunc contingente delle esperienze, necessita di riferimenti paradigmatici astratti per la gestione del senso, che agiscano da base interpretativa o prototipica per il soggetto, in un fondo di attivazione cui attingiamo attraverso la dimensione immaginaria.

I personaggi e le storie dei miti costituivano per i Greci antichi l’immaginario astratto del theatron interiore. Un ruolo simile oggi è svolto dalle entità sacre e dalle narrazioni religiose.

Lo svuotamento del theatron dalle figure astratte della dimensione immaginaria si ha in due forme diverse e opposte: nel nichilismo e nella depressione. Nel primo caso si tratta di un’operazione che origina da contenuti razionali del pensiero nella coscienza e, se ha conseguenze su tutto lo psichismo del soggetto, si può considerare un processo top-down. Nel secondo caso, quello della depressione, siamo senz’altro in presenza di un processo bottom-up, che raggiunge i contenuti coscienti dopo il cambiamento depressivo di tutta la fisiologia del rapporto cervello-organismo [Tratto da una relazione del presidente al Seminario sull’Arte del Vivere – febbraio 2023].

 

Impazzire per fatalità e guarire con un rito quando già si concepivano le malattie mentali. Euripilo, re della Tessaglia che era fra gli armati di Ulisse nascosti nel Cavallo di Troia, mentre Troia cominciava a bruciare si imbatté in uno scrigno smarrito da Enea[2]: un oggetto avvolto in un alone di mistero e timore superstizioso, perché lo si reputava dotato di un potere di maleficio conferitogli da un dio. Euripilo, definito da Omero “lo splendido figlio di Evemone”, non era al corrente della tradizione locale circa il pericolo costituito dal contenitore reperito casualmente, perché nel suo paese non si conosceva questa leggenda. Infatti, era giunto con quaranta navi dalla Tessaglia per partecipare alla guerra di Troia, soprattutto perché era stato fra i pretendenti alla mano di Elena, giovane e bellissima regina di Sparta divenuta poi moglie di Menelao e rapita da Paride che l’aveva portata con sé a Troia. Euripilo, durante un combattimento, era stato ferito a una gamba da una freccia scagliata proprio da Paride, e non poteva essere curato dal medico Macaone, anch’egli ferito; per sua fortuna Patroclo, eroe esperto di ferite che si trovava lì per chiedere a Nestore notizie di Achille, gli prestò soccorso. Si comprende da queste vicende l’astio divenuto avversione rancorosa di Euripilo per i Troiani, e la sua piena soddisfazione nell’assistere all’incendio di Troia.

Euripilo, ormai sicuro e sereno, incuriosito dal misterioso scrigno, lo apre. Al suo interno trova un’antica effige lignea del dio Dioniso (Bacco), che gli appare nuova ed estranea per forma, ma nulla di più. La leggenda voleva che quel manufatto fosse stato realizzato dal dio Efesto (Vulcano) in persona, sebbene non fosse di metallo fuso nella sua fucina; il proposito del dio non era stato comunicato ai mortali e nemmeno la leggenda precisava lo scopo e il senso di quell’oggetto. Ma Euripilo se ne rende conto ben presto: gli basta fissarlo e averlo tra le mani per impazzire.

Non è dato sapere quale forma di pazzia abbia colpito il guerriero acheo ma, se diamo credito alle vicende seguenti tramandate come mito, possiamo dedurre che non fosse una forma con decadimento cognitivo e alterazione della consapevolezza perché, per dirla con un’espressione della psichiatria attuale, Euripilo mostra di “avere coscienza di malattia” e desidera guarire. A questo scopo, si reca presso l’Oracolo di Apollo a Delfi, che sentenzia: se vorrà guarire dalla follia dovrà portare il piccolo Dioniso manufatto da Efesto presso un popolo che svolge riti sacrificali sconosciuti.

Seguendo questa indicazione oracolare, il sodale di Ulisse approda a Patrasso dove assiste a un terribile sacrificio di un fanciullo e di una fanciulla alla dea della caccia Artemide: era quello il rito sconosciuto. Euripilo mostra l’idolo ai celebranti e questi gli raccontano che il loro popolo aspetta da tempo il compimento di un vaticinio: un giorno giungerà un re straniero che porterà un dio straniero. L’idolo è riconosciuto come simbolo della divinità forestiera condotta presso di loro dal reggente della Tessaglia: la profezia si compie dunque con l’arrivo di Dioniso a Patrasso, ed Euripilo guarisce dalla follia.

I più antichi documenti di medicina ippocratica[3] testimoniano una concezione dei disturbi mentali quali malattie del corpo[4], per le quali si indicano le cause fisiche e i possibili rimedi; tuttavia, nella cultura e nelle tradizioni popolari dell’antica Grecia, permane la credenza che chiunque possa, per una maledizione, un sortilegio, una vendetta di una divinità o un castigo per una trasgressione, improvvisamente impazzire, ossia subire un mutamento radicale della psiche, in genere caratterizzato dalla perdita della pace e del senno.

Gli stati corrispondenti ai quadri nosografici della psichiatria contemporanea erano riportati dai Greci a malattie del cervello o di altri organi del corpo (il cuore, il timo, ecc.), ma non si negava l’esistenza di una dimensione essenziale capace di animare le membra delle persone e soggetta ad essere alterata, in quanto tale, da forze e poteri sovrumani.

Si può leggere nella conservazione di questa concezione metafisica o magica della follia accanto a quella medica di stato patologico, un’esigenza psicologica di confinare nell’alterità assoluta, la più distante possibile nell’immaginario, una minaccia per l’identità della persona nei suoi valori costitutivi di senso e di logica. Come se si dicesse: “Una cosa del genere a me non può capitare, perché non è come contrarre una malattia; è un evento estremamente improbabile, dovuto a una vendetta degli dei, che io mi guardo bene dall’inimicarmi”. Una spinta psicologica che realizza un tentativo culturale di neutralizzazione di una paura atavica: la perdita, col senno, dell’identità, ossia la morte del soggetto ancora in vita.  [BM&L-Italia, gennaio 2023].

 

“Questo è un tuo problema”: nel gioco infantile una frase delle coppie che litigano nei film e nella realtà. L’espressione è importata dai bambini nei dialoghi dei giochi di finzione allo scopo di ottenere un effetto inibitorio sull’interlocutore simile a quello visto nella realtà o in uno dei tanti film, che propongono da decenni con martellante continuità il modello negativo dei membri di una coppia che rifiutano l’assunzione di responsabilità della vita dell’altro.

Non è irrilevante che nella storia della cinematografia si legga che dapprincipio questa frase era rivolta dal gangster alla vittima come sprezzante risposta alle sue supplichevoli ragioni; poi negli ultimi tre-quattro decenni è diventato un ritornello tra due che hanno stabilito un rapporto del quale parlano in termini di amore.

La contraddizione più eclatante e paradossale che l’individualismo introduce nel rapporto di coppia è quella dell’intimità sessuale associata al trattarsi da estranei per tutto ciò che non si vuol condividere.

E così i bambini, in finti legami di coppia, amicizia, colleganza o parentela, importano la frase che, dichiarando assoluto disinteresse per la difficoltà dell’altro, agisce come un pugno in pieno viso: “Questo è un tuo problema!” E non siamo affatto sicuri che questo atteggiamento simulato nell’infanzia non lasci alcuna traccia nel modo di sentire adulto o, quantomeno, nelle giustificazioni che si adottano per prendere le distanze da persone alle quali si è legati, quando occuparsi di loro vorrebbe dire rinunciare a qualche privilegio del proprio regime di priorità individuali.

Questo tema è stato affrontato nell’incontro settimanale del nostro gruppo di studi dedicato all’influenza degli stili sociali degli adulti sul gioco di fantasia o finzione dei bambini. [BM&L-Italia, febbraio 2023].

 

La mente medievale alle origini del mentale moderno e contemporaneo (III) è una tematica che stiamo sviluppando al Seminario sull’Arte del Vivere (v. Note e Notizie 21-01-23 Notule; Note e Notizie 28-01-23 Notule) per spunti settimanali di riflessione e discussione: qui di seguito si riportano quelli del terzo incontro.

Il Greco antico tendeva all’atarassia, cioè un’assenza di passioni che gli consentiva di trovare l’equilibrio interiore attraverso la giusta misura degli affetti; il soggetto cristiano medievale non era educato a misurare l’affettività, sia perché il modello delle virtù eroiche dei martiri esigeva un amore smisurato per il Signore, sia perché amare non solo il prossimo ma anche i nemici, perdonando sempre come aveva comandato Gesù Cristo, richiedeva la massima espressione dei sentimenti oblativi. La pedagogia cristiana non aveva ancora integrato la misura platonica, né il mesotes aristotelico, ossia quel giusto mezzo che all’uomo medievale rischiava di apparire come un compromesso lontano dallo spirito di purezza e integrità predicato dagli apostoli. La mancanza di abitudine a moderare gli slanci affettivi, associata alla scarsa propensione all’analisi delle proprie tendenze istintuali aveva determinato una condizione per molti versi paradossale: una maggioranza di persone che rispettava i dieci comandamenti, ma senza rendersene conto si allontanava sempre più dalla spiritualità evangelica.

Infatti, erano in molti coloro che non uccidevano, non rubavano, non commettevano adulterio, non rendevano falsa testimonianza, e così via, ma coltivavano atteggiamenti mentali e comportamenti che li avrebbero portati all’inferno. Allora la Chiesa medievale decise di portare nel cuore della psicologia individuale – per usare la terminologia attuale – un paradigma morale per il giudizio di sé stessi e, soprattutto, per la vigilanza morale sulla vita interiore, così da prevenire il rischio di coltivare passioni generatrici di peccato.

Nascono così i Sette Vizi Capitali: superbia, avarizia, ira, invidia, lussuria, gola e accidia. È importante sottolineare che nascono come vizi, anche se sono ribattezzati i Sette Peccati Mortali. La definizione di questi atteggiamenti psicologici come un pericolo per l’anima trae origine da una considerazione: il peccato si radica nel vizio. Cos’è il vizio? Oggi per noi, in neuroscienze, è un’abitudine dannosa sostenuta dal rinforzo neurobiologico prodotto dall’attivazione del “sistema a ricompensa” cerebrale. [BM&L-Italia, febbraio 2023].

 

Notule

BM&L-04 febbraio 2023

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] Note e Notizie 12-11-22 Filippo nel viaggio dello spirito da Firenze a Gaeta.

[2] Secondo una minoranza di autori lo scrigno era invece appartenuto a Cassandra.

[3] Si veda l’ottimo lavoro filologico e di analisi semantica di Vincenzo Di Benedetto, Il medico e la malattia – la scienza di Ippocrate. Einaudi, Torino 1986.

[4] Ad esempio un eccesso di bile nera, melania chole, nella melanconia o depressione.